martedì 28 febbraio 2012

CIAO CAPITANO

Chi, cosa diamine sono poi?
Voglio dire, io non sono questo, questo che mi circonda, io m'innamoro, rido, piango, mi meraviglio, rimango sveglio per mesi fino a tardi,lavoro prepotente, svelo quel lieve velo che nasconde l'illusione alla realtà, lascio scoperti senza uno scopo,i plastificati esseri, che per quel velo hanno sudato sette camicie, per essere cosi arrogantemente insulsi... poi cambio stile di vita, mi allontano dalle città, chiedo l'elemosina, suono in un locale l'unico pezzo che so fare bene al pianoforte, dormo in spiaggia con due sdraio come coperte, mi sveglio stravolto di sonno e freddo, suono il sax per le strade piene si colori notturni,dipingo, scrivo, fotografo, entro in un bar per darmi una ripulita, tra gente che non conosco e incontro uno sguardo appena allungato di mascara, e qualcosa si unisce, il mare è azzurro, ho fame, gli spaghetti sono perfetti, come il cameriere,schiocco le dita del cuore,terrorizzo il mio cerbiatto, che si lascia addormentare sopra la mia spalla, il mondo non esiste, una panchina nella piazza del silenzio. E tornano, si accavallano, sogni, paure, bellezza, labbra, capelli, profumo e sapore, e l'anima del vivere sorride, e ride, è felice, e poi sparisco. Ma nei miei sogni rimane qualcosa, un piccolo vapore, un profumo, un di più, e allora mi sveglio, esco, vado tra la gente che non conosco, ma tutti mi salutano e mi parlano, ed io mi sento stretto, scomodo, ho caldo, voglio urlare, sbattere le mani, tirar pugni, abbracciare l'aria con le gambe, e la testa mi martella, bevo un porto, e i miei capelli sono come una tenda d'argento sopra i miei occhi, e penso ai bambini, alle chimere, agli scivoli, ai girotondi, ai primi baci, al profumo dei fiori, alle stelle d'agosto, al destino che mi ha reso cosi mosso. Una volta mi misero in una gabbia, c'erano trenta uomini delusi, uscimmo talmente colorati di bellezza, che il mondo ci tratteneva a stento. Ciao Capitano!

daniele

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