mercoledì 11 agosto 2010

Aveva gli occhi colmi di vento, e non riusciva a dirlo.


Aveva gli occhi colmi di vento, e non riusciva a dirlo.

Quella musica gli troneggiava il petto, e durante la notte, lo faceva danzare fino all’alba.

Dopo un giorno, un mese, un anno, si accorse che s’era discostato dalla frequenza che comunemente si utilizzava per dialogare.

Forse troppo avanti, per essere compreso, oppure troppo fermo, non aveva alcuna importanza, era lo stesso.

Un pomeriggio, mentre passeggiava con la gioia tra le sue dita, incontrò qualcosa che lo lasciò con le lacrime nelle tasche. Un’abitante della sua stessa torre, lo rimproverò di non vivere la vita reale, e con il suo pianoforte, faceva in modo, che tutte le anatre del suo piano, quando si chiamavano, non producevano eco.

“Non producono eco?”, chiese disarmato… “Non credo dipenda dalla mia musica, ma dalla stessa natura delle mura nella quali sopravvivono!”… “Infatti voi le private di ogni riferimento musicale, ecco che il loro verso è come un gutturale silenzio”… “Io ho ascoltato anatre, nelle valli delle Fiandre, ed il loro verso, era inverso alla guerra che si stava combattendo”

L’abitante della torre fece spallucce, non sapeva neppure cosa fossero le Fiandre, e tanto meno, di quale guerra stesse parlando.

Così ognuno ritornò nel suo piano[…] l’uno con le sue anatre mute, l’altro con le sue note ridondandi di silenzio.

Daniele SopralevettE© 2010


dall'archivio fotografico di daniele masciovecchio©

La mia città, come eravamo.